martedì 10 settembre 2013

Inquinamento marino.

Un mare di plastica. Non è un modo di dire, ma un accertamento statistico: il 94% dei macro rifiuti galleggianti nel Tirreno è plastica, soprattutto buste, bottiglie, cassette di polistirolo e frammenti plastici. Sono i risultati del monitoraggio compiuto dalla Goletta Verde di Legambiente e dall'Accademia del Leviatano nei mesi scorsi, utilizzando il protocollo scientifico elaborato da Ispra e dal dipartimento di Biologia dell'università di Pisa. In totale sono stati analizzati oltre 3.000 chilometri di tratte marine prendendo in considerazione i rifiuti galleggianti più grandi di 25 centimetri. Il record spetta al Tirreno centro-meridionale con 13,3 detriti ogni chilometro quadrato, contro i 5,1 del Tirreno centro-settentrionale, i 2,1 della tratta Livorno-Bastia e i 2,4 della tratta Fiumicino-Ponza.

E' un problema mondiale. Il Programma ambiente delle Nazioni Unite segnala che la plastica rappresenti dal 60 all'80% del totale dei rifiuti in mare, con punte del 90-95% in alcune regioni. E nel Pacifico, tra le Hawaii e la California è emerso un settimo continente: un continente di plastica, un'isola spazzatura aggregata nel corso dei decenni dal gioco delle correnti, dalla potenza del vortice subtropicale del Nord Pacifico. Sfuggendo ai radar della nostra attenzione quotidiana, parte dei 300 milioni di tonnellate di plastica prodotti ogni anno si dà appuntamento al largo delle coste americane, nella più grande discarica galleggiante del pianeta.

Anche nel Mediterraneo questa presenza è molto diffusa. Per ridurre i danni (con il passare dei decenni si formano coriandoli di plastica che vengono scambiati per cibo dagli abitanti del mare andando così a seminare disastri lungo l'intera catena alimentare) nel convegno sulle bioplastiche organizzato questa mattina a Roma dal Kyoto Club si propone di allargare l'esperimento italiano di bando delle vecchie buste di plastica.

L'Italia fino al 2010 era il primo paese europeo per consumo di sacchetti di plastica usa e getta, con una percentuale di consumo pari al 25% del totale commercializzato in Europa, e solo grazie all'entrata in vigore del bando sugli shopper non biodegradabili ha ridotto questa percentuale.

Tra l'altro lo sforzo italiano nel campo delle bioplastiche si sta rivelando un caso da manuale di green economy: siamo arrivati prima degli altri alla tecnologia, abbiamo legiferato prima, abbiamo la possibilità di rilanciare un intero settore economico (riconversione di segmenti dell'industria plastica, aumento di occupazione agricola per la filiera di alimentazione).

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