Un mare di plastica. Non è un modo di dire, ma un accertamento statistico: il
94% dei macro rifiuti galleggianti nel Tirreno è plastica, soprattutto buste,
bottiglie, cassette di polistirolo e frammenti plastici. Sono i risultati del
monitoraggio compiuto dalla Goletta Verde di Legambiente e dall'Accademia del Leviatano
nei mesi scorsi, utilizzando il protocollo scientifico elaborato da Ispra e dal
dipartimento di Biologia dell'università di Pisa. In totale sono stati
analizzati oltre 3.000 chilometri di tratte marine prendendo in considerazione i
rifiuti galleggianti più grandi di 25 centimetri. Il record spetta al Tirreno
centro-meridionale con 13,3 detriti ogni chilometro quadrato, contro i 5,1 del
Tirreno centro-settentrionale, i 2,1 della tratta Livorno-Bastia e i 2,4 della
tratta Fiumicino-Ponza.
E' un problema mondiale. Il Programma
ambiente delle Nazioni Unite segnala che la plastica rappresenti dal 60
all'80% del totale dei rifiuti in mare, con punte del 90-95% in alcune regioni.
E nel Pacifico, tra le Hawaii e la California è emerso un settimo continente: un
continente di plastica, un'isola spazzatura aggregata nel corso dei decenni dal
gioco delle correnti, dalla potenza del vortice subtropicale del Nord Pacifico.
Sfuggendo ai radar della nostra attenzione quotidiana, parte dei 300 milioni di
tonnellate di plastica prodotti ogni anno si dà appuntamento al largo delle
coste americane, nella più grande discarica galleggiante del pianeta.
Anche nel Mediterraneo questa presenza è molto diffusa.
Per ridurre i danni (con il passare dei decenni si formano coriandoli di
plastica che vengono scambiati per cibo dagli abitanti del mare andando così a
seminare disastri lungo l'intera catena alimentare) nel convegno sulle
bioplastiche organizzato questa mattina a Roma dal Kyoto Club si propone di
allargare l'esperimento italiano di bando delle vecchie buste di
plastica.
L'Italia fino al 2010 era il primo paese europeo per consumo di
sacchetti di plastica usa e getta, con una percentuale di consumo pari al 25%
del totale commercializzato in Europa, e solo grazie all'entrata in vigore del
bando sugli shopper non biodegradabili ha ridotto questa percentuale.
Tra l'altro lo sforzo italiano nel campo
delle bioplastiche si sta rivelando un caso da manuale di green economy: siamo
arrivati prima degli altri alla tecnologia, abbiamo legiferato prima, abbiamo la
possibilità di rilanciare un intero settore economico (riconversione di segmenti
dell'industria plastica, aumento di occupazione agricola per la filiera di
alimentazione).
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